Incontriamo la Direttrice
della Casa Circondariale “Raffaele Finotti” di Rebibbia con la consapevolezza
che, se c’è una disciplina che insegna a venire a patti con i propri errori e a
lasciarli alle spalle per andare avanti nella partita, questa è proprio il
baseball.
Dottoressa Santoro,
come si inquadra lo sport nel programma di reinserimento di Rebibbia?
“Lo sport, come diverse
altre attività complementari, fa parte del trattamento previsto dall’Ordinamento
Giudiziario, perché aiuta la persona reclusa a sentirsi non completamente fuori
dalla realtà sociale. Proponiamo diverse offerte: lavoro, scuola di ogni ordine
e grado, corsi professionali, università, per gli stranieri corsi di
alfabetizzazione di lingua italiana e fondamentale è lo sport, perché
rappresenta una forma sana di competizione e porta naturalmente alla creazione
dello spirito di squadra. Io non lo conoscevo, il baseball, ma ho visto come
presenti fra gli aspetti fondamentali proprio il concetto di collaborazione e
spirito di squadra, per questo ho accolto molto favorevolmente la proposta
della Federazione. Fra l’altro il rilascio da parte della FIBS di una
certificazione costituisce un elemento molto importante dal punto di vista formativo,
perché dimostra una volontà di partecipazione da parte della persona reclusa
che è fondamentale in prospettiva di reinserimento.”
Fra l’altro nel Baseball5, e in genere nel baseball/softball, l’obiettivo ultimo, ovvero il punto, lo consegue il giocatore attraverso il ‘ritorno a casa’ che in questo caso ha un significato simbolico ancora più forte.
“Ho visto un
coinvolgimento immediato, anche se la disciplina è molto recente, è nata nel
2017 ho letto, ma ci sono dei reclusi, di origine sudamericana, che qualche
contatto lo avevano già avuto e saranno loro a promuovere ulteriormente il
coinvolgimento. Mi è stato già chiesto di aggiungere al progetto un ulteriore
reparto e da gennaio inizieremo l’attività anche lì. Vorrei portarlo in tutti i
reparti, in modo che si possa arrivare a un campionato interno. I primi
riscontri sono insomma estremamente positivi.”
Va detto che lo sono
anche da parte dei nostri tecnici. Non si entra in questo ambiente a cuor
leggero, ma le titubanze iniziali si sono subito trasformate in divertimento e
passione anche per loro.
“Lo so bene che succede
così, lo avevo detto subito: quando un detenuto sceglie e inizia un percorso,
sia esso professionale, culturale o sportivo, ci mette più impegno delle
persone di fuori, forse per dimostrare agli altri e a sé stesso di avere
superato il proprio errore, di averlo lasciato alle spalle. Loro sanno che le
persone che vengono da fuori lo fanno esclusivamente con la volontà di aiutarli
e quindi danno il massimo. La chiave è la spontaneità e il rapporto si crea
subito.”
Fra l’altro la novità
della disciplina in qualche modo fa partire tutti alla pari, senza una
specializzazione o un’abilità pregressa e un interscambio completo dei ruoli,
compreso quello arbitrale. Si può prevedere una continuità del programma che
vada oltre al ciclo di quest’anno?
“Assolutamente sì, abbiamo
già avuto richieste in questo senso, già dopo i primissimi appuntamenti. Per
noi è una grande soddisfazione.”
La pausa mondiale
causata dal Covid ha rallentato anche l’avvio di un’attività agonistica
strutturata del Baseball5 e potrebbe quindi darsi che la vostra realtà si possa
trovare più avanti rispetto ad altre, quando sarà il momento di partire:
sarebbe possibile, un domani, che la ‘squadra Rebibbia’ possa partecipare a un
campionato vero e proprio?
“Perché no? Sono esperienze già avviate altrove, mi viene in mente, ad esempio, la squadra di rugby a Bologna (Giallo Dozza, ndr). Se ci sarà la possibilità, la considereremo senz’altro.”
Intervista raccolta da Marco Landi
foto di repertorio by WBSC