16/04/2015 3 Minuti di lettura

Marco Screti si racconta…

Un curriculum impressionante che parla già da solo

Un curriculum impressionante che parla già da solo. Del resto quando s’inizia ad arbitrare a soli 17 anni, e si continua ad amare quello che si fa per altri 32, tutto ciò è inevitabile. Sino ad arrivare ad avere l’onore di essere dietro al piatto di casa base per una gara di qualificazione del World Baseball Classic, manifestazione che si svolge sotto l’egida della Major League Baseball.

Marco Screti da quest’anno ha lasciato l’attività agonistica “quasi costretto a farlo da Pierfranco Leone”, commenta sorridendo, per sedersi dietro ad una scrivania e divenire il responsabile del settore tecnico del Comitato Nazionale Arbitri (CNA), relativamente al baseball. Sorta di manager degli arbitri italiani, cui adesso spetta l’onore e l’onere della crescita del settore arbitrale del nostro sport.

 

Come mai hai cominciato ad arbitrare così presto? “Avevo giocato da piccolo ma con quei mostri sacri che avevo davanti, di giocare sinceramente non ci ho pensato. Facevo ju-jitsu, quando mi avvicinai all’arbitraggio, stavo preparando l’esame da cintura nera. E poi mi avevano detto che con la divisa si rimorchiava di più”, scherza.

Così con le lezioni di Sante De Franceschi ed Ennio Monaco, nel 1983, l’adolescente Screti entra a far parte del grande mondo del CNA. L’anno successivo partecipa a Tirrenia al corso di abilitazione assieme, tra gli altri a Roberto Giachi ed Antonella Garofalo, ed ottiene il premio Spocci, all’epoca assegnato al miglior arbitro esordiente. “Proseguii ad arbitrare anche negli anni successivi, con la parentesi del 1985, anno di leva militare – ricorda Screti – sino all’esordio ufficiale in serie A nel 1989. Era un venerdì e verso l’ora di pranzo mi telefonò Patrizia Sisi, chiedendomi se ero disponibile ad andare la sera a Rimini. Fu il mio esordio ufficiale assieme a Bentivoglio e Franceschetti”.

Com’è stato il passaggio dal campo alla scrivania? “A me spiace aver smesso di arbitrare – confessa candidamente – forse avrei potuto cominciare una sorta di parabola discendente ma a me rimane comunque un po’ di rammarico ed il dubbio che sarebbe potuto anche non accadere”.

Quali sono i migliori ricordi di una carriera così lunga ed importante?Atene è difficile dimenticarla, sei in un evento troppo importante, al centro dell’attenzione di tutto il mondo. Ma anche il mondiale di Panama è stato bello ed a suo modo divertente. Perché quando vai avanti in certe competizioni internazionali, le prime volte hai un po’ di stress, una sorta di sindrome da “rookie”. Quando poi la gente comincia a conoscerti, a fidarsi di te, ti presenti in una maniera più serena, e riesci anche a divertirti”.

Ci racconti qualche aneddoto? “Era il 1986, avevo finito il militare, ero a spasso per Nettuno con la mia ragazza, oggi mia moglie,  quando ad un tratto incontro Sante De Franceschi che mi dice, ”vai a casa e prendi la borsa devi venire a Grosseto”. Non ricordo chi della terna aveva avuto problemi e non poteva andare. Non me lo feci ripetere due volte ed andai a Grosseto, dove arbitrai la mia prima partita di serie A tra Grosseto e San Marino. Oppure due anni fa, al Mondiale Under 12, quando andai in veste di Umpire’s Commissioner, prima della riunione con gli arbitri quando erano convinti che fossi li per arbitrare con loro. Ed invece scoprirono che il mio ruolo era quello di commissario… Comunque fu divertente”.

Come stai affrontando questa nuova sfida di responsabile tecnico? “Ancora non mi sembra vero ma apprezzo l’estremo interesse che riscontro da parte degli arbitri. Sono soddisfatto nel vedervi recettivi, in grado di acquisire tutte le indicazioni che vengono date”.

Hai avuto difficoltà in questo passaggio importante? “La parte più difficile – ammette – è quella burocratica ma innegabilmente il vantaggio dei tanti anni di attività ti permette dalle tribune di cogliere un ottica diversa, e di vedere in modo più facile i difetti. Nei commissariamenti che ho fatto personalmente non vado a vedere il giudizio sbagliato, quello ci può stare ma sono i fondamentali, le basi, le stesse alle quali deve porre attenzione un allenatore che insegna ai ragazzini”.

Cosa ti ha insegnato il campo? “Ho sempre avuto la fortuna di avere un lavoro che mi ha permesso di svolgere questa attività senza troppe difficoltà e riuscendo anche a non togliere niente alla famiglia che sono sempre riuscito a coinvolgere. A livello caratteriale, sicuramente mi ha reso più riflessivo, smorzando tutte le impulsività”.

Con quali obbiettivi affronti questo tuo nuovo compito? “Mi piacerebbe portare sempre più in alto il livello del nostro arbitraggio – conclude Screti – sino a permettere a qualcuno di voi di aprire la strada, verso le manifestazioni organizzate dalla MLB, un altro italiano al piatto al World Baseball Classic sarebbe bello, no?”